Introduzione a cura di Giacomo C. Di Gaetano
L’introduzione che si legge nel Dizionario Biblico GBU (DBG) illustra a quale tradizione questa opera si ricollega: una tradizione di passione per la lettura e per lo studio della Bibbia. Vale la pena ricordare qui solo gli ultimi due elementi di questa tradizione: il Dizionario Biblico di Giovanni Miegge (1957), pubblicato nella seconda edizione rivista e aggiornata fin nel 1992 e il Nuovo Dizionario Biblico di R. Pache pubblicato in diverse ristampe a partire dagli anni ’80.
DBG rappresenta una novità nei confronti di questi altri due progetti e di tutta la tradizione che lo ha preceduto, una novità che non concerne tanto il progetto editoriale in sé. Per illustrare questa novità dobbiamo raccontare brevemente una “storia”.
Il racconto è ambientato quasi totalmente all’interno dei Gruppi Biblici Universitari inglesi (che allora avevano la sigla IVF: InterVarsity Fellowship). Verso la fine degli anni ’30 i GBU inglesi crearono alcuni strumenti per assecondare meglio l’espansione che l’evangelizzazione stava avendo nell’ambito delle più grandi università inglesi (Cambridge e Oxford su tutte). Avevano davanti una grande sfida intellettuale: come era concepito il testo biblico da questi studenti e docenti che lo usavano nell’opera di evangelizzazione? Anche nell’Inghilterra dei grandi studiosi della Bibbia, quali Swete, Lightfoot, ecc.., c’era la necessità di fare i conti con quella che in modi diversi, ma quasi sempre dispregiativi era chiamata “critica biblica”.
Gli strumenti elaborati dal GBU inglese furono diversi: da un lato ci fu in quegli anni la formulazione delle Basi di fede, dall’altro lato ci furono strumenti più concreti e strutturali, per esempio la nascita di un Biblical Research Committee. Il comitato nasceva dall’esigenza avvertita da alcuni uomini affinché gli studenti di teologia, ma non solo loro, potessero disporre di strumenti scientificamente più accurati nell’ambito delle scienze bibliche. Il Comitato organizzò nel 1938 una conferenza alla quale parteciparono una serie di accademici evangelici molti dei quali impegnati in campi di studio che spaziavano dall’assirologia (W.J. Martin) al mondo classico (F.F. Bruce, che assunse in seguito la direzione del Comitato e ne fu anima ispiratrice). Fu questo gruppo di accademici e non accademici che nel 1941 in un’altra conferenza (The Revival of Biblical Theology), lanciò l’idea di fondare un centro di ricerche (Tyndale House) e un’associazione di studiosi di teologia (Tyndale Fellowship). Con la nascita di queste due realtà siamo praticamente alle radici dell’impresa del DBG. Fu in particolare Martin, assecondato da Bruce, a dettare le linee guida e fondanti di questi progetti: “la nostra fede è inseparabilmente legata ad alcuni eventi storici narrati in un vasto corpus di documenti scritti, e da qui discende che le sue credenziali sono aperte a un’indagine oggettiva. La necessità di una difesa accademica della fede è più grande che mai oggi. Le credenziali richieste per prendere parte a questa difesa possono essere ottenute solo in anni di studio e di applicazione” (p. 37). Molti di questi progetti, compreso il Dizionario, avevano una marcata impronta apologetica, impronta rilanciata anche nella sua Introduzione al DBG da Rinaldo Diprose. È indubbio che se non fosse stato per la forte spiritualità di questi uomini, una simile impresa avrebbe potuto meritarsi il qualificativo di impresa positivistica. Ecco come Bruce evitava questo rischio: “Le linee di approccio storico e filologico hanno, è chiaro, le loro limitazioni. Esse non possono stabilire ciò che il cristianesimo afferma, e cioè che il Nuovo Testamento completa gli scritti ispirati della rivelazione divina” (tr. it. p. 13).
Nel 1958 il Comitato Biblico indicò come responsabile del progetto dizionario J.D. Douglas, laureato di St Andrews, a Glasgow. Questi si accorse, grazie anche alle bibliografie redatte da Wilbur Smith (A list of bibliographies of theological and biblical literature published in Great Britain and America, 1595-1931, 1931) che un dizionario biblico evangelico in un volume non compariva ormai da 80 anni. Dallo studio preliminare emerse anche, tanto per fare un esempio, che quasi tutti i dizionari precedenti non avevano alcune voci valide a sottolineare la concretezza del testo biblico: per esempio mancavano le voci per le parti del corpo umano. I calcoli fatti da Douglas per il Dizionario prevedevano un progetto di 1.300.000 parole. Il Dizionario apparve nel maggio del 1952, a cura di F.F. Bruce, J.I. Packer, R.V.G. Tasker e J. Wiseman. Un commentatore affermò:
“Il Dizionario, … fu un assoluto successo sia nel mercato inglese sia in quello americano e fino al 1979 vendè più di 130.000 copie” (p. 120).
È possibile riassumere in tre punti le idee principali che stavano dietro il progetto del Dizionario; esse scaturirono ogni volta da una scelta ben precisa che questi studiosi si trovarono a fare tra due precise alternative.
1) Anti intellettualismo vs critica credente (believing criticism)
F.F. Bruce in un suo articolo del 1947 pubblicato nella rivista Evangelical Quarterly, dal titolo “The Tyndale Fellowship for Biblical Research”, notava che gli evangelici erano contrassegnati dallo stigma dell’anti-intellettualismo (“gli evangelici avevano paura degli studi, specialmente degli studi biblici e teologici”, p. 314).
Per rimuovere lo stigma dell’anti-intellettualismo, Bruce dovette rimuovere alcuni equivoci: il progetto, in fin dei conti, era un’impresa fondamentalista (il riferimento dei critici era alle Basi di fede dei GBU e, in particolare, al punto sull’ispirazione e sull’infallibilità della Bibbia)? La risposta di Bruce fu un deciso NO. I punti di fede dei GBU non erano altro che un distillato della fede storica del protestantesimo. Per quanto concerneva il tema dell’infallibilità, Bruce affermava: “le stesse Scritture, nel loro senso proprio non sviano l’anima che sinceramente è alla ricerca della verità”. Per Bruce l’espressione “nel loro senso proprio” significava che: “ogni parte della Bibbia deve essere considerata alla luce dell’insieme, e che l’AT deve essere letto alla luce del NT. Non c’è nulla di oscurantista in questa posizione” (p. 320). Bruce aveva anche particolarmente a cuore la libertà di ricerca degli studiosi biblici. Nel contesto di questo articolo egli segnala la distinzione tra uno studioso evangelico e quello appartenente alla tradizione cattolico-romana, ma in altri contesti egli guarderà in maniera diretta alle tradizioni culturali e teologiche presenti nel mondo evangelico, anche quello conservatore: “Che cosa deve essere inteso con ciò che ho definito “libertà accademica”? Essa vuol dire che nell’insegnamento e nello studio della Bibbia, come di qualsivoglia altro soggetto, non si deve essere obbligati a seguire una particolare scuola di pensiero o a promuovere una particolare linea. Significa che l’unica dedizione deve essere alla verità, che si è liberi di seguire l’evidenza là dove essa porta, in un’atmosfera di libera ricerca. Ci sono scuole bibliche e teologiche che sono istituite per promuovere un particolare sistema di dottrina o per formare donne e uomini di una particolare denominazione. È naturale e opportuno che tali scuole debbano includere nel loro statuto una sintesi delle convinzioni o delle pratiche a cui insegnanti e studenti debbono attenersi. … Ma sono riconoscente che per quanto mi concerne sono finito in un ambiente universitario e non in quello di un college teologico” (In Retrospect, p. 143).
L’articolo si conclude con il ribadire il primato accordato al versante linguistico e filologico degli studi biblici: “la buona teologia deve essere fondata sulla buona esegesi e la buona esegesi deve essere fondata su un testo affidabile”; da qui la grande importanza accordata alle lingue originali del testo biblico e ancora a tutta un’altra serie di lingue ormai scomparse. Inoltre Bruce rivendica l’eredità del metodo storicogrammaticale dei Riformatori.
2) Specializzazione vs precisione dottrinale
La seconda antitesi, risoltasi a favore del primo corno, con l’incremento dell’impegno in studi biblici specialistici e di settore, era un’antitesi tutta interna a quel mondo evangelico che voleva liberarsi dallo stigma dell’oscurantismo. Si confrontavano da una parte il partito dei biblisti e dall’altra mediante un personaggio straordinario del calibro di Martin Lloyd Jones, un partito che potremmo definire come espressione di quelle realtà che Bruce riteneva avessero un sospetto teologico nei confronti della ricerca. Mentre il primo partito aveva posto le basi per la rinascita degli studi biblici, come lo stesso Bruce aveva enfaticamente sottolineato nel 1947, il secondo partito, che annoverava all’interno pastori, teologi sistematici e varie figure legate più al mondo delle tradizioni teologiche, in particolare a quella riformata, sotto la guida di Lloyd Jones (19511957) tentò di dare a queste forze un nuovo orientamento. Lloyd-Jones era preoccupato che il tecnicismo prendesse il sopravvento. Questa preoccupazione si manifestò come premessa per un impegno teologico più pesante nell’ambito di una conferenza estiva tenuta nel 1953 e dedicata al “Piano della salvezza” (orginariamente il titolo avrebbe dovuto essere: “Gli elementi della fede riformata alla luce della Sacra Scrittura”). I membri del Comitato biblico, però, “desideravano chiarire che né il Comitato né Tyndale Fellowship [responsabili del Dizionario], nell’insieme, si attenevano ai cinque punti del calvinismo di Dordrecht” (p. 75). L’obiettivo della conferenza era al contrario quello di sottoporre ognuno di questi punti a un attento esame della Scrittura, secondo il modello di lavoro biblicamente centrato voluto da Bruce per il Centro di ricerche e per l’associazione dei teologi. Il tipo di ricerca stimolato da Lloyd Jones introduceva dunque dei conflitti e allontanava il Centro dalle sue finalità originarie: “Tyndale House e Fellowship non esistevano per essere una società teologica, ma per promuovere ricerche evangeliche”. Il bilancio della direzione di Lloyd Jones è ben espresso da queste parole: “I primi anni della sua direzione avevano visto i dibattiti teologici delle conferenze estive di Tyndale House e una rinascita di interesse per la teologia calvinista introdotta da lui stesso e da Packer. Ma questi anni erano anche stati gli anni più poveri di Tyndale House come centro per le ricerche bibliche” (p. 98). Alcune delle riserve di Lloyd-Jones nei confronti dell’eccessivo tecnicismo degli studi biblici, furono accolte, ma la sua linea che privilegiava la teologia sistematica a danno delle scienze bibliche segnò il passo a queste ultime. Nel DBG, è ben visibile la presenza di un approccio teologico-sistematico (J.I. Packer, di cui diremo fra poco, è uno dei curatori), ed è possibile anche individuare le due o tre tradizioni teologiche che stanno dietro le voci più teologicamente impegnate.
3) Scienze bibliche vs teologia sistematica
Nel suo articolo del 1947, Bruce raccomandava: “di rendere stabile l’esegesi [improntata al metodo storico grammaticale dei Riformatori] e di scoraggiare l’intraprendere delle scorciatoie” (p. 323).
Il riferimento alle scorciatoie è un riferimento che ci permette di focalizzare la terza antitesi nei confronti della quale il progetto biblico culturale dal quale nacque il Dizionario si sviluppò. La soluzione di questa terza antitesi permise alla vision alla base del DBG, e di tutti gli altri progetti, di affermarsi definitivamente. Negli anni che seguirono l’articolo di Bruce, e dopo la parentesi della conduzione di Martin Lloyd Jones, tra gli studiosi che facevano capo a Tyndale si discusse spesso dell’ampliamento della piattaforma degli studi, andando dalle scienza bibliche a quello teologiche tout court. Paladino di questo ampliamento, erede anche delle istanze calviniste di Lloyd Jones, fu un uomo del calibro di J.I. Packer. La tensione tra questi due poli, pur nel rispetto reciproco, si risolse però sempre e sistematicamente a favore del partito del primato delle scienze bibliche. Ma è interessante vedere rapidamente le ragioni che di volta in volta furono addotte per superare le posizioni di Packer, il quale, tra l’altro, era l’autore del famoso libretto Fundamentalism and the Word of God, libretto che il partito dei biblisiti segnalava al suo stesso autore impegnato nell’ampliare il ruolo della teologia sistematica evangelica, come una sorta di sua personale contraddizione. Nel 1961, per esempio, J. Wenham propose una conferenza che riflettesse sulla strategia da seguire per Tyndale e questa si tenne il 29 maggio. In discussione c’era, tra le altre cose, la possibilità di estendere il concetto di “ricerche bibliche” a campi che sebbene fossero validi in sé rappresentavano tuttavia una forzatura nei confronti degli scopi originari. Discipline come predicazione espositiva, storia della teologia, storia della chiesa, studi puritani, ecc.. Mentre Packer in quella occasione rilanciò la tesi dell’unità organica degli studi teologici evangelici, dall’altra parte si propose la teoria delle fonti diverse. Furono ancora una volta Bruce e l’assirologo W.J. Martin a segnalare che un autentico studioso si dedica alle fonti primarie (scienze bibliche) mentre gli altri studi, per validi che potessero apparire, si esplicavano su fonti secondarie che solo in maniera appunto secondaria potevano essere ricollegate alle scienze bibliche.
C’era una ragione ambientale che favorì l’affermarsi del partito dei biblisti: in molti infatti ritenevano che per la fede cristiana il pericolo non venisse più dai tradizionali nemici della chiesa, quelli che erano stati combattuti con un impegno sistematico straordinario (si pensi alle eresie dei primi secoli) ma da studiosi che attaccavano direttamente il testo biblico ed era a loro che l’approfondimento degli studi biblici doveva rispondere. Bruce nel 1947 aveva sostenuto che quella che allora sembrava una battaglia arida e sterile si sarebbe rivelata di grande importanza strategica per tutto il cristianesimo. Il successo del New Bible Dictionary, ora finalmente in italiano (Dizionario Biblico GBU) sta a dimostrare che la sua lungimiranza fu estremamente puntuale.
Dirs-GBU Giacomo Carlo Di Gaetano
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Pietro Ciavarella
Da tempo uso la versione inglese del Dizionario Biblico GBU. Perché lo uso, e perché sarebbe utile a voi usarlo? Prima di tutto bisogna capire che cosa si prefigge un dizionario biblico. Un dizionario biblico si prefigge di raccogliere i dati biblici su un determinato argomento (o personaggio o luogo), analizzarli in modo introduttivo e quindi sintetizzarli. L’esito è una voce che fornisce i dati di base (i brani biblici e i concetti chiave) che ci permettono di fare due cose: (1) di avere subito un panorama dell’argomento che indaghiamo, ma anche (2) di continuare la nostra indagine sulla base di tale panorama. In altri termini, una voce di un dizionario biblico non solo ci dà delle risposte, ci mette anche in grado di portare avanti il nostro studio individuale. A questo riguardo ci sono tre modi in cui possiamo portare avanti la nostra indagine.
Il modo più importante è (A) guardando i passi biblici riportati. Non basta la sintesi di un’altra persona, noi stessi dovremmo andare ad fontes (alle fonti) e guardare i testi biblici segnalati. Ma la lettura di una determinata voce spesso ci stimolerà anche (B) a guardare altre voci del dizionario. A questo riguardo alla fine di ciascuna voce il Dizionario Biblico GBU spesso dà dei rinvii interni. Così p.e. alla fine della voce “Incarnazione” ci sono due suggerimenti, ovvero “Annichilì se stesso” e “Gesù Cristo, vita e insegnamento”. Eravamo andati alla voce “Incarnazione” per capire meglio l’argomento della nascita/incarnazione di Cristo e ora vediamo che ci sono almeno altre due voci nello stesso Dizionario che ci permetteranno di proseguire ulteriormente il nostro studio. In questo modo si innesca, per così dire, una proficua “caccia al tesoro”, in cui possiamo via via esplorare un determinato argomento in circhi concentrici sempre più ampi.
Oltre a questi due modi imprescindibili di eseguire la nostra indagine biblica, il Dizionario Biblico GBU ci dà un’altra possibilità ancora: quella (C) di poter leggere libri e articoli che trattano gli argomenti che stiamo indagando. A questo riguardo l’edizione inglese forniva già degli spunti bibliografici, a cui gli editori italiani hanno aggiunto anche titoli in italiano. Vogliamo fare uno studio sul “Canone del Nuovo Testamento”? Per tanti di noi probabilmente basterà la ottima e ampia omonima voce del Dizionario Biblico GBU scritta da J.N. Birdsall. Ma se vogliamo continuare ulteriormente il nostro studio, alla fine dell’articolo in questione ci sono anche gli estremi bibliografi di libri disponibili in italiano scritti da autori come Metzger, Bruce (2 titoli), e Witherington. Credo che abbiamo capito sia l’utilità sia l’importanza del Dizionario Biblico GBU: ci dà la possibilità di indagare un determinato argomento biblico, quanto vogliamo in un determinato momento del nostro percorso come cristiani o ricercatori della verità.
L’importanza pratica del Dizionario Biblico GBU può essere illustrata dalla voce “Escatologia” scritta da Richard Bauckham. L’escatologia è un argomento biblico molto importante che in questa ampia voce l’autore presenta in modo esemplare, raccogliendo i dati biblici al riguardo, analizzandoli in modo introduttivo e quindi sintetizzandoli. Riguardo a questa ottima voce farò soltanto qualche commento, sperando di stuzzicare il lettore e la lettrice a fare una lettura diretta e integrale dell’articolo in questione (e non solo).
Bauckham imposta la voce facendo presente che la visione biblica della storia non è ciclica, bensì “un movimento lineare che va verso un epilogo. Dio guida la storia verso la realizzazione ultima del suo disegno per la sua creazione”. Sulla base di questo punto fermo l’autore passa a far capire come “la caratteristica dello sguardo rivolto al futuro presente nella fede israelitica risale alla chiamata di Abraamo”. Per cui i profeti di Israele non hanno profetizzato ex nihilo ma a partire da una base teologica più antica che fa parte integrante del tessuto della storia della salvezza. Dopo aver posto la base dell’escatologia nell’Antico Testamento, l’autore ci porta a considerare la prospettiva del Nuovo Testamento, la cui caratteristica di fondo “sta nella convinzione che nella storia di Gesù Cristo l’azione escatologica decisiva di Dio è già avvenuta, in modo tale, però, che il compimento finale rimane anche nel futuro”. Qui si intravede lo schema del “già ma non ancora” (l’escatologia inaugurata) che pervade il Nuovo Testamento, la cui escatologia “è completamente incentrata in Cristo”. Una voce che decolla così non può che anche atterrare bene.
La voce in realtà ha undici sezioni: la prospettiva dell’
AT, la prospettiva del NT, la vita cristiana nella prospettiva della speranza, i segni dei tempi, la seconda venuta di Cristo, la risurrezione, lo stato dei morti, il giudizio, l’inferno, il millennio, e la nuova creazione. Non concordo necessariamente con ogni dettaglio dell’esposizione di Bauckham, ma questo non importa. Il Dizionario Biblico GBU non vuole farci seguire determinati autori, bensì stimolarci a indagare e comprendere meglio la Bibbia. Ciononostante mi piace molto non soltanto la competenza (spaventosa) di Bauckham, ma anche il suo equilibrio e il modo in cui presenta i punti di vista differenti dai suoi. Concludo riportando un ottimo esempio sia dell’equilibrio di Bauckham sia della sua capacità di mettere comunque in evidenza ciò che importa davvero in merito a un determinato argomento, nel caso specifico il cosiddetto millennio.
“Ci sono motivi esegetici molto forti per considerare il millennio come una conseguenza della venuta di Cristo descritta in Apocalisse 19:11-21…. Ciò favorisce la tesi del ‘premillennialismo storico’, ma è anche possibile che si interpreti il brano in modo troppo letterale quando si intende un periodo di tempo ben preciso. Che si tratti di un periodo di tempo oppure di un simbolismo che fa comprendere il senso della venuta di Cristo, il significato teologico del millennio è lo stesso: esso esprime la prospettiva del trionfo finale di Cristo sul male e la rivendicazione del suo popolo che ha sofferto sotto la tirannia dell’iniquità nell’età presente” (enfasi aggiunta). Ecco un bell’esempio di competenza umiltà e equilibrio. Buona lettura del Dizionario!
Pietro Ciavarella, http://www.solascrittura.it
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Divulgazione scientifica e scienze bibliche
di Valerio Bernardi
Nel mondo evangelico, soprattutto in quello italiano, molti credenti di buona volontà pensano che leggere la Bibbia è cosa per loro sufficiente senza bisogno di altri ausili. Sul piano della meditazione personale e della salvezza che tutti noi crediamo non avvenga per meriti ma per grazia, questo tipo di ragionamento non fa una grinza ed in parte è vero. Se però si vuole affrontare la lettura della Bibbia in modo serio e si vuole considerare che essa è stata scritta (nella sua ultima stesura) circa 2000 anni fa in lingue che oggi consideriamo morte e che per diversi secoli, non esistendo la stampa è stata tramandata attraverso copie manoscritte, ci rendiamo conto che bisogna fare qualche passo per approfondire alcuni aspetti, che bisogna entrare nel mondo delle cosiddette scienze bibliche che ci permettono di decifrare meglio un messaggio che, se può essere chiaro per molti credenti, potrebbe divenire oscuro di fronte ad eventuali attacchi sulla sua bontà, sulla sua autenticità e sulla sua autorevolezza.
Per questi motivi e per altri che potrebbero essere elencati da altre persone con prospettive diverse dalla mia è opportuno che il discorso sulla Bibbia sia affrontato nel profondo analizzando quelle che, ad oggi, sono le conclusioni che gli studiosi hanno tratto su un libro (o una serie di libri) che noi riteniamo il più importante da leggere e per noi e per tutti gli uomini. Portati avanti da queste intenzioni anche gli evangelici conservatori, a partire all’incirca dagli anni Cinquanta del secolo scorso, riprendendo una tradizione che risaliva ai loro Padri Riformati e che aveva radici anche nelle interpretazioni e nelle analisi che già i primi cristiani avevano fatto, hanno ripreso lo studio scientifico della Sacra Scrittura.
Cosa intendiamo per studio scientifico? Intendiamo che, benché noi crediamo che la Bibbia sia un libro ispirato direttamente da Dio, dobbiamo cercare di comprenderla meglio chiedendoci quali sono le motivazioni che gli uomini guidati dallo Spirito Santo hanno avuto nello scrivere determinate cose, perché ci sono stati tramandati questi 66 libri e non altri (che pur sono stati scritti da credenti nello stesso periodo), quali stili di scrittura sono stati usati, che significati hanno alcune parole che sono desuete nel nostro linguaggio, cosa sappiamo dei personaggi di cui ci parla il testo da un punto di vista storico, come tutto questo può rafforzare la validità del messaggio e come possa servire come una sorta di validazione esterna della Parola del Signore.
Per comprendere come gli studiosi siano posti tali questioni e si siano date le risposte, il Dizionario Biblico pubblicato quest’anno dalla GBU è un primo strumento necessario e vanta delle caratteristiche importanti per una pubblicazione del genere che cercherò di elencare brevemente. In primis, è un’opera collettiva: oggi, infatti, al contrario del vecchio modello Renè Pache, sarebbe impossibile per uno studioso occuparsi, da un punto di vista scientifico, di tutte le questioni inerenti tutti i libri della Bibbia. In secondo luogo, almeno per quel che concerne l’edizione italiana (e quella inglese nell’anno della sua pubblicazione) ognuna delle voci (in special modo quelle principali) sono dotate di una bibliografia aggiornata che permette a chi lo voglia di approfondire l’argomento. In terzo luogo si tratta di uno strumento indispensabile per creare una base certa della propria fede che, in questo caso, cerca di dare ragione di sé stessa, a partire da conoscenze che vanno dalla filologia classica e semitica, all’analisi del testo, al metodo storico-critico, alle scienze sociali che tutti insieme concorrono ad una maggiore chiarezza della Bibbia, senza inficiarne il significato ma anzi arricchendolo di peculiarità che ad una lettura semplicemente meditativa o devozionale potrebbero sfuggire.
Accanto a queste caratteristiche, il Dizionario non è uno strumento scientifico vero e proprio ma ha una scrittura divulgativa che può essere compresa da qualunque credente abbia una discreta cognizione del testo biblico.
Proprio per questi motivi ritengo che il Dizionario Biblico GBU, che allo stato attuale, è uno strumento che dovrebbe essere presente nella casa di ogni credente.
Valerio Bernardi
dicembre 17, 2008 alle 10:56 am |
Volevo anche portarvi a conoscenza dell’esistenza di un video pubblicitario
Maggio 18, 2013 alle 7:11 am |
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settembre 17, 2013 alle 1:26 PM |
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